Cultura
Laltra metà del Coni
Su 15 milioni di sportivi in Italia, sono quasi 800 mila gli aderenti alle associazioni di promozione e più di 6 milioni quelli che non fanno parte di alcuna organizzazione. Due mondi diversi e a v
I l volontariato espresso dall?associazionismo sportivo rappresenta la più grande realtà organizzata in Italia. Lo riconosce anche il Coni, che nel suo rapporto annuale sullo sport ha indicato le cifre: 783 mila e 927 gli italiani impegnati a vari livelli nella promozione dello sport per tutti. Operano senza eccessi di protagonismo nelle 82 mila e 628 società sportive presenti lungo la Penisola.
Rappresenta un fitto tessuto e consente a un cittadino su cinque di praticare un?attività motoria organizzata. Nel complesso, muove 2.500 miliardi dei 50 mila che ogni anno viaggiano nel sistema sportivo. Sono 15 milioni coloro che praticano un?attività fisica organizzata e continuativa, un dato che colloca il nostro Paese nella media europea. La metà dei quali, però, ha deciso di porsi al di fuori delle federazioni sportive del Coni.
È un dato sul quale necessita riflettere, perché lo sport ufficiale, quello che dispone di finanziamenti miliardari provenienti dai concorsi pronostici (come il Totocalcio e il Totogol, ma presto anche il Totosei e il Totoscommesse) sul piano numerico è pari a quello promosso dall?associazionismo.
Che cosa pensano coloro che sono parte fondamentale della realtà sportiva non ufficiale, ma quotidianamente impegnata nella promozione dello sport per tutti? Donato Mosella è il presidente del più grande ente di promozione sportiva, il Centro sportivo italiano (Csi) che conta, secondo i dati del rapporto Coni, circa 700 mila iscritti e 12 mila società sportive.
«Da questo rapporto», afferma Mosella, «emerge in maniera considerevole che lo sport sociale cresce e lo riconosce anche il Coni: tutto questo grazie agli enti di promozione che offrono opportunità a vari livelli. Anche il fenomeno dello sport occasionale è favorito dall?associazionismo: si tratta di milioni di persone non tesserate ad alcuna organizzazione sportiva, che colgono le innumerevoli occasioni di contatto e di socializzazione che offriamo continuamente attraverso le nostre esperienze sportive. Il fenomeno del ?mordi e fuggi?», continua Mosella, «viene snobbato dal mondo sportivo ufficiale, ma il nostro sforzo è quello di portarli a una continuità».
Un altro punto dolente, che ci pone in netta inferiorità rispetto alla Germania, all?Inghilterra e alla Francia, Paesi che vantano una notevole cultura sportiva di massa, è che ben 21 milioni di italiani conducono una vita sedentaria e non praticano alcuna attività fisica. Che fare perché durante il tempo libero possano intravvedere anche nello sport un?occasione ludica, di socializzazione e di benessere psicofisico?
«Stimolare queste persone all?attività fisica rappresenta una scommessa per il nostro impegno futuro», prosegue Mosella. Occorre, però, far leva su tre punti: la scuola, dalla materna all?università Poi le realtà emarginate, come il Sud, dove lo sport è poco praticato perché gli enti locali manifestano un ritardo notevole nella progettazione e costruzione degli impianti, oppure chiudono al pubblico quei pochi esistenti, come le piste di atletica. Infine, il Coni che attraverso le federazioni sportive conduce una politica selettiva. Noi vogliamo», conclude Mosella, «che lo sport sia soprattutto un?esperienza di base, educativa aperta a tutti e siamo impegnati perché tutti restino nello sport».
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.